A poche ore da Juventus-Spezia, su Repubblica oggi in edicola troviamo una bella intervista a Vincenzo Italiano, tecnico dello Spezia. Domani sera ritroverà un ex compagno del corso di Coverciano come Andrea Pirlo, due facce della stessa medaglia. L’uno proviene dalla gavetta, dalla D alla A a suon di vittorie, all’altro è stata affidata senza esperienza la panchina della Juve. All’andata il primo round lo ha vinto il campione del mondo 2006 grazie a CR7 dopo un’ora, ma ora le cose sono cambiate. “Allora eravamo in fase di adattamento” ringhia Italiano. Il calcio come vera ragione di vita per l’ex centrocampista, che accompagna alla passione l’opportunità di restare a contatto con il campo: “Quando ho smesso di giocare mi sono sentito morire, ora faccio qualcosa che mi fa impazzire e continuo a sentire l’erba, lo spogliatoio e il rumore dei tacchetti. Tutto questo è per me una passione incredibile“.
Ritroverà Pirlo da dirimpettaio in panchina, un ragazzo appassionato e consapevole che non sarebbe stata una avventura facile: “Ma se ti chiama la Juve cosa fai? Ti butti come mi sarei buttato io, anche se a me il tirocinio è servito” dice il tecnico aquilotto. “Ma sono certo che ce la farà – aggiunge – è stato vent’anni al centro del gioco, gli basta attingere ai dettami degli allenatori che ha avuto, come faccio io. Quando ho un dubbio penso a quale soluzione avrebbe trovato chi mi allenava“. Due centrocampisti nella loro carriera da calciatori, ma ora è tutto diverso: contano la gestione, i rapporti e i particolari. Si passano ore a pensare ai minimi dettagli. Una vita bellissima, secondo Italiano. Non mancano i riferimenti allo Spezia: “Tutti pensavano che ci avrebbero fatto a fettine. Abbiamo fatto il mercato in fretta arrivando in A solo il 20 agosto, pochi di noi conoscevano la categoria. Se ci salviamo sarà una svolta per le nostre carriere e più di uno scudetto“. L’idea della collettività come mantra primario: tecnica e tattica non bastano secondo l’ex di Verona e Chievo, servono anche cuore e coraggio. Il segreto del successo? “So farmi seguire, che è la cosa più difficile da ottenere. Per la tattica c’è la lavagna, ma bisogna lavorare sulla testa. Sono stato fortunato, mai un litigio ma solo ragazzi fantastici che mi ascoltano. Tratto tutti allo stesso modo, soprattutto quando preparo qualcosa che in partita non funziona“.