Saranno gli ultimi 90′ in maglia bianca per Martin Erlic. Spezia-Napoli come ultima sfida di fronte al proprio pubblico e al passato recente. “Provo a non pensarci, sarà sicuramente eccezionale ed emozionante. Non riesco a mettere a fuoco, proverò a farmi forza e non sarà semplice” racconta nella lunga intervista concessa a Il Secolo XIX. Di sfide ne ha vissute tante in maglia Spezia, dagli infortuni alla fatica, così come nella vita. Il lavoro paga e così è arrivata la convocazione in Nazionale: “Fantastica per chi come me ama la sua gente, giocare con Modric sarà un sogno“.
Erlic viene dalla campagna, da una vita povera: il calcio gli ha dato tanto e la stabilità economica, ma lui non dimentica mai le sue origini. “A 8 anni mio padre non aveva nemmeno 50 centesimi per la merendina. Nel 1995 era finita la guerra nel mio Paese e lui aveva ricostruito la casa bombardata” racconta. A Udine erano sugli spalti i fratelli e i nipoti, quasi una squadra, in una grande giornata di salvezza. Una di quelle 87 partite disputate con la maglia delle Aquile: “Ho esordito in Pescara-Spezia, rimonta decisiva per noi e Italiano. Tornai titolare con il Frosinone e vincemmo nel momento decisivo. Lo scorso anno feci gol al Crotone e andando verso la Curva mi resi conto che i tifosi non c’erano. Ho potuto solo immaginare…“.
Già, il Picco: contiene 11.000 persone circa, ma “non è vero” dice Erlic. Perché sugli spalti sembrano molti di più anche quando sono meno. La forza di questo stadio trascina tutti quanti, per una sensazione che rimane dentro. “Giocherò nei grandi stadi europei, ma questo resterà lo stadio del calcio“. Allo Spezia ha conosciuto tante persone, ma un ringraziamento speciale va a Guido Angelozzi, che da sempre ha creduto in lui. “Una persona vera – lo definisce – che mi è stato sempre vicino anche nei momenti duri“.
Poi, un focus sugli allenatori, un viaggio fra le differenze che intercorrono fra Italiano e Motta. Erlic li definisce “due grandi allenatori, capaci di entrare nella testa di un calciatore“. Con il primo ha giocato molto, con il secondo ha trovato una continuità impressionante, ma con lo stesso obiettivo raggiunto. “Credo che questa salvezza sia stata un autentico miracolo, viste le difficoltà iniziali. Ci abbiamo creduto tutti strada facendo e unendo le forze. Non si vincono le partite per caso, se lo fai vuol dire che ne hai avuto la capacità“. Il segreto è anche nello spogliatoio, in un gruppo unito e disponibile ad adattarsi alle varie situazioni. Infine, il bagaglio di ricordi, che non mancherà mai: “La passione della gente, quella che hanno anche a Spalato. Se vinci sei dio al 100%, se perdi ma sudi la maglia ti amano”.
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