È approdata ieri alle notifiche degli avvisi di conclusione la prima tranche dell’inchiesta sui disordini del 22 maggio scorso. In occasione della partita Spezia-Napoli, ultima del campionato di serie A, conclusa con la vittoria della squadra azzurra sugli aquilotti già matematicamente salvi. La coincidenza col match al San Paolo suona a monito. Non solo per gli indagati napoletani, ma anche per quelli spezzini ai quali è stata inibita la trasferta, per motivi di ordine pubblico.
L’offensiva giudiziaria segue quella dei Daspo già scattati all’inizio dell’anno. Alla base degli uni e degli altri c’è l’imponente lavoro svolto dagli inquirenti della Digos per identificare gli autori dei reati, allo stadio e fuori dello stesso. Roba da ’bruciarsi’ gli occhi visto che il percorso investigativo per dare nome e cognome agli indagati è passato dall’esame di ore e ore di filmati. Registrati dalle telecamere spia fisse e mobili al Picco – teatro dell’invasione di campo che aveva portato alla sospensione momentanea della partita. Chi pensava di poterla fare franca per i comportamenti assunti allo stadio deve ricredersi: i vestiti indossati e (in alcuni casi) i tatuaggi hanno fatto da trama del confronto con le immagini a volto scoperto, al momento del disordini nei pressi della cittadella della Caritas.
Scontri Spezia-Napoli, c’è l’ombra della camorra sui disordini
Si tratta di quelli che si sono sostituiti alle forze dell’ordine latitanti. Io li convocherei e darei loro un premio. Le mancanze del Questore e del Prefetto ricadono inevitabilmente su chi si è dato da fare per arginare i criminali giunti da Napoli.