Non soltanto le parole raccontate ieri al sito ufficiale, perché Eduardo Macia si è poi concesso anche ai taccuini dei quotidiani, raccontando anche altri importanti aneddoti e pensieri sul suo approdo allo Spezia Calcio. Il sivigliano ricorda di alcune proposte arrivate, soprattutto dall’estero ma anche nuovamente da Parma e Firenze, anche se non ama apparire e anzi è meglio “essere invisibili“. Un grande osservatore è così. Il Secolo XIX racconta la sua storia: appassionato di auto classiche, grande ascoltatore e lettore, giocatore di Pelota o Palla basca, ovviamente protagonista nel grande calcio nonostante da calciatore fu costretto a smettere per un brutto infortunio alla schiena.
Quella chiamata…
“Dissi di no al Barcellona quando ero alla Fiorentina – rivela – perché per me Firenze era la stabilità. Lo dissi ai Della Valle e rimasi ancora un po’. Il Barça era ed è tutto, ma anche caos, politica e pressioni“. Un lungo viaggio fino alla chiamata dello Spezia, accettata improvvisamente: “Ho fatto tutto con Robert Platek, il vertice. Con loro non ho ancora parlato di aspetti finanziari su squadra, rafforzamento o budget, nemmeno di mercato. Ma di progetti, per una crescita senza follie e un lavoro a lungo termine. Certe realtà non si misurano sui soldi spesi o sulla grandezza, ma sulla costruzione“.
Valorizzazione
Macia parla di dare lustro a ciò che si ha: in questo caso il lavoro di Gotti e l’inserimento di pezzi adatti allo spartito. E la nuova sfida è già iniziata, prendendo l’eredità di Pecini e Angelozzi: proprio con l’attuale DG del Frosinone ci fu la trattativa Bakic, che arrivò da Firenze. Altri tempi. Ora c’è da continuare un percorso, migliorando quando fatto fin qui. “Con il lavoro si può raggiungere ogni traguardo – chiosa – Valencia docet: nel 2004 vinse una Liga ma il Real aveva Ronaldo, il Barça Ronaldinho e l’Atletico Torres“.