Il portiere aquilotto Bartlomiej Dragowski ha partecipato a una chiacchierata con DAZN nella rubrica DAZN Talks, dedicata ai calciatori di Serie A. L’estremo difensore dello Spezia ha parlato del campionato in corso, dei suo compagni di spogliatoio e dei suoi sogni per il futuro. Di seguito tutte le considerazioni di Dragowski.
Sul figlio di due anni: “È molto vivace, è un piccolo terrorista. Anche io da piccolo lo ero, ma lui è di un altro livello. Non penso che giocherà in porta nel futuro. Altrimenti si ritroverà con la barba bianca a ventidue anni, come me (ride, ndr)”.
Sui complimenti: “Mi fa piacere sentire queste cose su di me. Cerco di dare sempre il meglio sul campo, non sta a me giudicare quanto sono forte. Anche perché il giudizio cambia ogni partita”.
Sulla sua crescita: “Non so quale sarà il mio tetto massimo. Spero che sia più alto possibile e che troverò un modo per accrescere ancora il mio livello di prestazioni”.
Sul suo voto finora: “Finché non finisce la stagione preferisco non dare voti o pensare se ho fatto bene o male. La strada è ancora lunga, finché non raggiungiamo la salvezza con lo Spezia non voglio neanche pensarci”:
Sulla lotta salvezza: “Stress? Non so se si vede la barba bianca… (ride, ndr). Siamo consapevoli della situazione che viviamo, ma per fortuna è tutto nelle nostre mani. Dovremo fare gli stessi, o più punti, delle nostre inseguitrici e saremo salvi. Abbiamo un vantaggio di 4 punti e non è facile giocare ogni settimana con questo pensiero. La società ci è sempre d’aiuto per mandarci sereni in campo”.
Sugli scontri diretti: “Negli spogliatoi ognuno ha il suo modo di preparare la partita. Io mi concentro su me stesso e su cosa devo fare per essere al 100% in partita. In quel modo riesco anche ad aiutare i miei compagni. Abbiamo due scontri diretti, ma anche la sfida col Lecce che è solo un punto davanti a noi. Saranno partite fondamentali”.
Sulla scelta dello Spezia: “Conoscevo già i direttori sportivi e poi il mercato è andato in modo un po’ caotico. Ho scelto lo Spezia e credo di aver fatto la migliore scelta per me e per la mia famiglia. Qui sto benissimo e anche mia moglie è molto contenta. Anche con il bimbo ci sono tanti posti dove andare con il bel tempo”.
Sulle sensazioni dopo aver parato un rigore: “Ognuno in quella situazione è molto contento. Cerco di essere sempre calmo e non esagerare con le esultanze, rimanere con i piedi per terra. Ho trovato un modo dentro me stesso per essere concentrato e calmo. Se inizio ad avere troppe emozioni, la testa va sulla strada sbagliata”.
Sulla concentrazione pre-partita: “Adesso ci riesco facilmente. Da giovane facevo fatica a prepararmi bene per la partita. Ho lavorato due anni con uno psicologo soprattutto per il pre e durante la partita. Insieme abbiamo trovato il modo per essere sempre concentrato, calmo e tranquillo, senza nervosismo”.
Sul ruolo del portiere: “È un ruolo particolare, quasi uno sport individuale. La nostra partita si gioca nella testa più che con le mani e i piedi. È diverso rispetto ai compagni che giocano davanti a noi. Devi trovare dentro te stesso gli stimoli, la concentrazione nei momenti giusti. Ed essere pronto a tutto. Anche Jeroen e Petar hanno fatto benissimo quando sono entrati, qui si vede la loro forza mentale nel subentrare e fare grandissime gare”.
Sull’infortunio prima del Mondiale: “Sinceramente è stato un momento difficile. Non per me, ma per la mia famiglia. Ero l’unico a riuscire a stare calmo, dovevo tranquillizzare mia moglie che mi ha chiamato cinque volte ancora prima che salissi sull’ambulanza. Ho rivisto il video cinquecento volte ma sono riuscito a stare calmo. Non penso a cosa avrei potuto perdere, ma cercavo il lato positivo in quel momento. Pensavo, ad esempio, alla sosta delle Nazionali consapevole di avere più tempo per recuperare dall’infortunio”.
Sul rapporto con i compagni: “Ho un buonissimo rapporto con tutti. Soprattutto con i polacchi, ci conosciamo da tanto tempo e abbiamo giocato insieme sia in Nazionale che contro in Polonia. Ovviamente sono molto vicino a tutti loro”.
Sull’assist a Nzola: “Mi ha detto che ne voleva un altro. È un bravissimo ragazzo, ti dà non una, ma due mani nei momenti di difficoltà in campo. Fa scatti di cento metri per aiutare la squadra. In campo è un animale, un giocatore fantastico, ma anche fuori è una persona meravigliosa ed è un piacere condividere lo spogliatoio con lui”.
Sui cori dei tifosi al Picco: “Se mi gasa? Certo, tanto. Già ai tempi della Fiorentina, da avversario, non mi aspettavo un’atmosfera del genere. È impressionante. La prima cosa che ho pensato è ‘wow’. La tifoseria è calda e carica la squadra come se lo stadio fosse ancora più grande. Giocando nello Spezia resto ancora più impressionato”.
Sul vivere il tifo dalla sua visuale: “Durante la partita ho tempo di guardare tutto, però è importante rimanere concentrato sulla gara. Il campo non cambia, le strutture intorno sì. Ma personalmente non prendo dei riferimenti, ad esempio per i rinvii”.
Sull’idolo da bambino e sui portieri polacchi: “Artur Boruc. È anche grazie a lui se faccio il portiere, è stato lui a farmi cambiare ruolo. Già dal settore giovanile lavoriamo in modo individuale con i portieri. In Polonia siamo bravissimi su questo. Ogni anno spunta un nome nuovo nel mio ruolo, per fortuna abbiamo chi riesce a farci crescere bene. Penso che da tanto tempo quel ruolo in Polonia sia occupato abbastanza bene”.
Su un possibile futuro all’estero: “È il mio settimo anno in Italia. Mi sto trovando benissimo. Nel futuro non si sa mai. Non ho l’obiettivo, diciamo il sogno, di giocare in Premier League. Ma se dovessi giocare altri dieci anni in Serie A certamente non mi lamenterò”.
Sulla Polonia: “Mi manca la mia famiglia. Le altre cose si possono sostituire, qui non mi manca niente. Il cibo è spettacolare, si vive molto meglio anche sotto l’aspetto climatico”.
Sulle sue skills: “Il voto alla mia esplosività? Mi do 6. Stesso voto per le parate in acrobazia e le uscite. Ai rigori do invece 8. Con i piedi la sufficienza. Sono uno che può fare tutto bene, ma anche tutto male. Continuità? Quest’anno direi 7, negli anni precedenti 4/5″:
Sull’importanza della testa: “Sì, è tutto dentro la testa. Sicuramente anche diventare padre mi ha fatto crescere molto più velocemente. Mio figlio mi ha aggiunto qualche forza mentale in più”.
Sul numero 69 allo Jagellonia: “Ho indossato quel numero a quindici o sedici anni, nella prima amichevole con la squadra. Non me la sentivo di prendere l’1 e non volevo i numeri degli altri portieri. Ho preso quel numero e poi è rimasto”.
Su Gotti e Semplici: “Per me sono tutti e due grandi allenatori. Hanno idee un po’ diverse. Ovviamente mi dispiace per mister Gotti che non lavora più con noi, però con Semplici facciamo risultati ad ogni partita. Con lui stiamo andando bene e spero che sarà così fino alla fine della stagione”.
Il drago è un grande e fa piacere x i complimenti alla città ma è un professionista è va secondo le offerte economiche che gli propongo speriamo stasera faccia tanti miracoli e confermi la traduzione che molti 60 enni sanno che i portieri hanno fatto carriera a spezia incominciando da Albertosi che se io ricordo solo in una fotografia di me al picco di non più di 3 anni quindi non potevo né capire ne vedere visto il picco di quei tempi povero sempre pieno ma rimpiango la giuventu che ora manca ma la realtà cambia ora ero su un tg TV la la 7 e ho sentito nominare la mia città è come un bimbo di 6 anni mi fa’sentire orgoglioso spero che stasera si sentono i giocatori contro una squadra più blasonata è ci mettano il cuore perché tutti i tg TV di qualsiasi colore politico ci danno perdenti speriamo di smentire e i giocatori si intestino quella appartenenza a una città mai doma da nessuno anche se la realtà fa pensare che ora i soldi tutto possono compromettere vedi il portiere del Sassuolo che provedel si ricordi di noi?