L’ex DG dello Spezia Riccardo Pecini, che alla fine ha scelto di non sposare il progetto Sampdoria, ha raccontato a TMW il momento del mercato e le sue sensazioni sul rapporto con le proprietà americane e sull’utilizzo delle tecnologie applicate al mercato. Ecco alcuni degli estratti.
Samp, no grazie
Conosco la proprietà da tempo, abbiamo parlato ma nella mia testa ora c’è un percorso diverso, altri progetti, ho voglia di fare altre cose. Sento che non potrei dare il contributo necessario ripartendo oggi a lavorare dentro a un club. Mi sto aggiornando. Perché penso che si debba sempre più strutturare il nostro lavoro in questa direzione: il domani è questo. Alle capacità umane si dovranno necessariamente sempre più affiancare i dati. Penso sul serio che questa sia la sola prospettiva sul medio termine per club e professionisti ambiziosi e dotati di visione.
Proprietà americane
Parlo in generale: gli manca l’aspetto culturale. La differenza da noi rispetto al mondo è il livello di pressione, dico rispetto al Nord Europa e al mondo scandinavo. Le sollecitazioni dei giocatori ogni giorno, la professionalità di chi lavora intorno alla squadra. In Italia, nel bacino mediterraneo, è più importante lavorare tutti insieme con un obiettivo verso una direzione piuttosto che avere un giocatore più o meno forte. Un esempio? Il Frosinone vince con la rosa non più forte ma con un ds di altissimo livello, un presidente che ha imparato dagli errori del passato, un allenatore che si è messo a lavorare 24 ore al giorno in sinergia con la società. Hanno ottenuto risultati partendo dall’aspetto culturale. Poi Angelozzi e Corvino sono numeri uno al mondo nel fare le squadre ma questo agli americani, che hanno una formazione diversa, manca. Prima lo apprendono e meglio è.