“Non chiedetemi del calcio attuale, mi sto disintossicando dopo dieci anni lunghi e intensi“. Lo dice convinto ma forse non così tanto, perché dall’altro capo del telefono si tocca con mano la grande passione che da presidente Luca Di Masi ha investito nella “sua” Alessandria. Prima riportata in Serie C1 e a un passo dall’ultimissimo atto della Coppa Italia, poi nell’agognata B prima di passare la mano proprio pochi mesi fa in estate. Un imprenditore che al calcio ha dato ma anche ricevuto tanto e che fra le tante intuizioni, proprio all’inizio della sua era, ebbe l’idea di affidare la panchina della sua creature proprio a quel Luca D’Angelo che oggi da qualche giorno guida lo Spezia. “È fra le pochissime persone che porterei con me sempre“, esordisce. In due stagioni l’Alessandria cresce e gioca bene, poi l’idillio finisce. La nostra redazione ha contattato in esclusiva l’ex numero uno dei Grigi, che ha aiutato a conoscere sicuramente sotto una nuova luce il nuovo tecnico aquilotto.
Presidente, era il 2013. Lei era da poco alla guida dell’Alessandria, perché proprio D’Angelo?
Incontrammo D’Angelo quando era alla guida del Rimini e successe pure uno screzio con un nostro giocatore. L’anno dopo il mio DS (Menegatti) mi sottopose una serie di nomi per sostituire l’attuale allenatore Notaristefano e lo valutammo anche in base alla squadra che avevamo in quel momento, ritenendolo il più adatto. Abbiamo sempre lottato per salire di categoria e iniziare un percorso e per noi era il migliore possibile. Lo mettemmo alla prova, insieme al suo staff Greco e Taddei, con cui lavora benissimo: la piazza si innamorò subito di lui.
Anche nella sua gestione era subentrato in corsa, esattamente come a Pisa l’anno scorso e adesso. È un suo punto di forza incidere a stagione iniziata?
Sì, assolutamente. Sa entrare nella testa dei giocatori grazie al suo modo di fare, una delle cose più importanti in assoluto. Quando arriva sa portare i ragazzi dalla sua parte ed entra immediatamente nel tessuto della squadra: mi auguro ma sono certo che saprà far bene anche allo Spezia.
Che tipo di allenatore è?
Si tratta di una persona meravigliosa: ho incontrato tantissimi giocatori e allenatori, ma lui è in assoluto una delle tre persone umanamente più belle che mi sono rimaste e che sentirei sempre. Gli farò i complimenti per il nuovo ruolo sicuramente, perché a livello di rapporto umano è uno degli allenatori che ricordo con maggiore affetto, anche nei confronti dei calciatori. Non è un personaggio fumantino, è semplicemente così: è rimasto fuori dal calcio pur lavorandoci dentro, non si è mai allineato ai dogmi dell’ambiente, ma ha saputo rimanere se stesso e con i propri principi. Ha fatto tanti passi in avanti crescendo molto rispetto a quando era ad Alessandria, ma è assolutamente uno che prende a cuore gli obiettivi e dà sempre il massimo. Se oggi qualcuno dovesse chiamarmi io lo consiglierei per qualunque situazione, anche per la Serie A.
Anche in Piemonte aveva un credo tattico con difesa a quattro?
Sì, anche se sa adattarsi bene a qualsiasi modulo che la squadra possa interpretare al meglio. Parte da un 4-3-1-2 o 4-3-2-1, poi magari a gennaio col mercato potrà cambiare qualcosa. Ma dico anche che nelle sue richieste non è così “oneroso” ed è bravo a plasmare chi ha già. Poi all’Alessandria abbiamo cambiato direttore sportivo, D’Angelo è rimasto un anno ma via via con le idee divergenti abbiamo deciso di voltare pagina. Fosse dipeso solo da me lo avrei tenuto ancora per tanto tempo. A questo proposito le racconto una cosa.
Prego.
Lui ha proprio un credo di vita e non solo calcistico. Da quello assolutamente non deroga, anzi cerca di adattarvi la sua identità anche in campo: è qualcosa di estremamente difficile, ma allo stesso tempo molto bello. Scoprirete una persona che vale tanto.
Uno dei problemi di quando si retrocede è portarsi dietro qualche scoria, come sta accadendo adesso allo Spezia. D’Angelo può essere l’elemento vero di svolta?
Penso che sia il profilo migliore possibile per questa situazione. Sa dare lo scossone e la sveglia ai calciatori, sa arrivare soprattutto nella loro testa. Mi auguro che possa farlo anche nel suo nuovo percorso. Ricordo la tifoseria spezzina, è una piazza calda come piace a me, c’è tanto attaccamento e pure una certa rivalità sportiva con l’Alessandria. Per questo penso che con un ambiente del genere anche la piazza possa beneficiare di un profilo come D’Angelo, che dice sempre quello che pensa.
Nella sua esperienza nel calcio ha avuto a che fare con proprietà americane? Spesso si imputa a quella dello Spezia di essere troppo distante e di non vivere abbastanza la squadra, oltre che rifarsi a un modello incentrato solo sul business. Lei che ne pensa?
Non direttamente, ma so come lavorano. Qualcuno si è avvicinato anche nel momento in cui stavo cedendo l’Alessandria, ma è il loro modo di gestire le cose. La nostra società, ad esempio, era gestita sempre da altre due persone oltre a me, prendevamo decisioni veloci ed era un’impronta molto più aziendale. Magari gli americani guardano più agli affari, ma non credo che questo influisca sul lavoro dell’allenatore.
Che cosa direbbe oggi a D’Angelo?
Mi auguro di poterci sentire a fine stagione e poter trarre la conclusione che auspico, ovvero che anche a Spezia abbia fatto un grande lavoro.