20 Agosto 2024 - 10:10

Angelozzi: “Una piazza come Spezia dà tantissimo. Ho ricordi bellissimi e intensi”

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In occasione della partita di sabato tra Spezia e Frosinone, il direttore sportivo Guido Angelozzi farà ritorno al Picco da avversario. Il dirigente fu uno dei grandi protagonisti della storica promozione in Serie A delle Aquile: la scelta di Vincenzo Italiano, le mosse di mercato, la conferma del tecnico nonostante alcuni risultati iniziali negativi e le critiche. Angelozzi, in due avventure diverse, ha scritto un pezzo di storia dello Spezia. E oggi è tornato a parlare di Aquile, sulle colonne de Il Secolo XIX. Di seguito le sue dichiarazioni.

Le parole di Angelozzi

Sulla Serie A: “Un’emozione indescrivibile, vissuta sulla pelle. E quell’immagine dello stadio vuoto e fuori la gente impazzita. Per chi ama il calcio o per chi ama e basta, come i tifosi dello Spezia, qualcosa che ti resta dentro”.

Sul suo addio: “Sapevo che il rischio di dover andare via c’era. Mi convocarono a Porto Cervo, salii sulla barca di Volpi e trovai lui, silenzioso, Chisoli e Fiorani. Mi dissero che il rapporto si interrompeva nonostante la A. Fa male, stetti male, fu un periodo difficile, un trauma, ma dovetti accettare. Anche di non poter parlare, di non poter raccontare, bloccato da un accordo”.

Su Volpi: “Con lui sono tutt’ora in buoni rapporti, furono altri a convincerlo. Il patron mi aveva chiamato due anni prima, quando mi ero dimesso dal Sassuolo. Mi disse ‘torni’. Io avrei accettato a patto che lui fosse rimasto in sella. Così fu. Il calcio regala gioie e amarezze: quattro anni fa si unirono”.

Sul sogno Serie A: “Arrivai con Bjelica, andammo ai play-off, poi accettai la proposta del Sassuolo, ma quando si trattò di ritornare allo Spezia, lo feci sicuro. Non lo dicevamo pubblicamente, ma l’idea di portare in A la squadra cresceva”.

Su Italiano: “La stessa filosofia del predecessore (Marino, ndr), il 4-3-3. L’anno prima preparammo il successo dell’anno dopo. Andai a vedere la semifinale play-off a Piacenza, al ritorno del mister a Trapani lo chiamai. Ci trovammo a Palermo, firmò anche prima di fare la finale. Ho sempre creduto in lui, anche quando voleva dimettersi dopo la sconfitta col Trapani. Era sfiduciato, la gente lo voleva a casa e ai cancelli prendeva insulti. Andai a spiegare che mi sarei giocato la faccia”.

Sui trascorsi allo Spezia: “La cessione di Okereke al Bruges ci permise un bilancio in positivo, ma il quadro era chiaro, eravamo da promozione. Fu una stagione travagliata per il Covid ma fantastica, fatta di giocatori e uomini, dentro e fuori. Cosa manca di più oggi dello Spezia? Ne ho viste tante nel calcio, ho girato anche città difficili, ma quello che ti dà una piazza così non può dartelo nessuno. Ogni tanto ne parlo con i miei collaboratori: quegli anni furono i più belli, intensi, pieni di cose, un grande contenitore”.

Sul Picco e i tifosi: “Mi dicono lo stadio sia cambiato un po’. La gente non credo, c’è una tifoseria che non dimentica nulla. Ti possono anche criticare, ma se dai l’anima diventi un eroe. Sono venuto per la compilazione dei calendari, è stato tutto un abbraccio, mi ha premiato anche il sindaco Peracchini, grande amico ma prima di tutto tifoso. Mi sono emozionato: ho sentito tanto dentro il cuore. Ci tengo a riabbracciare la città”.

Sulla retrocessione col Frosinone: “Ci sta nel calcio, sono cose che succedono. Non me la sono sentita di andarmene dopo una retrocessione. Stirpe mi considera importante, avevo richieste di club altrettanto importanti. Ma voglio ripartire da qui, ed essere 90 minuti nemico sportivo dello Spezia. Ma solo 90′, non oltre”.

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