Sulle pagine de Il Secolo XIX oggi in edicola si prende la scena… Luca D’Angelo. L’allenatore artefice del gran momento del club, intervistato dal quotidiano racconta tanto di sé, delle sue abitudini e preferenze, oltre che del lavoro in campo. L’Omone riparte dai “Primi mesi complicati, la classifica sempre preoccupante. Da gennaio, però, abbiamo svoltato con una precisa fisionomia, pur soffrendo fino alla fine“. Inevitabile ricordare quel Pisa-Spezia, che oggi sarebbe uno scontro al vertice, con un Verde decisivo già con le valigie in mano: “Gli chiesi di essere disponibile per la gara, poi avrebbe deciso. Speravo succedesse quello che è successo, ovvero che giocasse bene e ambiasse idea. Dopo la partita io, Melissano, Ferretti, tutti mandammo una serie infinita di messaggi. Cambiò la sua e la nostra stagione, a Daniele questo lo dovrò per sempre” dice.
Il nuovo che avanza
E poi arrivò Nagy: “Fu più facile convincerlo, perché si fidò di me e non credo abbia rimpianto la scelta. Aveva anche altre opportunità. Con Touré invece ci abbiamo provato ma il Pisa non ha mollato” racconta. Un allenatore che si è seduto dolcemente su una panchina scottante, che in precedenza è stata di allenatori che hanno spiccato il volo, da Italiano a Motta: “Non guardo al passato, non penso a chi c’era prima. Ognuno ha la sua storia, vivo solo il presente perché non posso sapere cosa ci sarà fra un anno” il pensiero di D’Angelo.
Fatalista
Poi, un accenno a una frase cult che disse in una conferenza stampa: “Devo sbrigarmi ad andare in A, sono vecchio“. Qualcosa che fa il paio con la grande superstizione che lo accompagna sempre. “Mi sento fatalista, penso che le cose accadano perché devono andare così. Col Pisa vinsi la finale play-off a Trieste, ma se Gori non fa due paratone magari sono ancora in C. Se Puscas non prende pali contro il Monza vado in A prima. Per regole cambiate una finale vinta 3-2 finì ai supplementari. Ma sono uscito dal campo contento, avevamo dato tutto” dice. E sullo Spezia (che non può nascondersi) è ben chiaro: “A Castellammare eravamo 10/11 della salvezza, solo Gori era diverso. Se ci si pensa si ragiona tranquilli” conclude.