Nella pausa dal campionato dello Spezia, l’allenatore Luca D’Angelo si racconta e racconta il suo momento ai microfoni de La Nazione. Il tecnico pescarese non ama particolarmente le interviste e l’apparire, ma ne approfitta per svelare qualcosa di sé a una piazza che lo adora e con cui ha già scritto un pezzo di storia. Va poco in città, ma l’affetto si sente tanto, anche se ha allenato il Pisa. “Una stima nata in modo naturale e che fa piacere, compreso il coro ricevuto dalla curva, che ho apprezzato moltissimo da una piazza schietta e diretta” dice.
Emozioni e ambizioni
D’Angelo difficilmente tradisce emozioni, ma in alcune circostanze si lascia decisamente andare, come nel pareggio di Di Serio a Terni: “Ci avevo visto lungo, è stato un gol fondamentale per noi. A livello emotivo sono sempre stato così: ho grandi sensazioni che non esterno perché sono concentrato sul dopo“. E, a proposito di emozioni forti, non ha dubbi: “La più incredibile è stata l’1-1 di Pio Esposito con il Venezia, ancor più del 2-1 di Reca perché il vantaggio si percepiva. Eravamo 11.000 contro 11” racconta. E la voglia di rimanere non è mai mancata, nonostante “un’offerta forte a giugno“. Era contato la parola, già data al presidente, “per me vale di più di tutto. Sono stato bene a Spezia, non mi andava di cambiare – dice – e non è stata una decisione sofferta”. Guardando la classifica, la gente comincia a sognare, ma D’Angelo sa bene come funziona: “Ovvio che i tifosi pensino sempre al meglio, ma bisogna guardare partita dopo partita, stare calmi e raggiungere l’obiettivo prefissato del mantenimento della categoria“. Per uno scaramantico come lui… c’è da crederci.
Picco caldissimo
In ultima analisi, non può mancare una battuta sullo stadio Picco, vero e proprio fortino delle Aquile. Uno stadio in cui lo stesso allenatore era stato da avversario, mai semplice da fronteggiare. “Viverlo da allenatore dello Spezia è un valore importantissimo. Si sente la passione della gente, il pubblico è davvero determinante e la maglia si suda per forza. Se non hai agonismo in uno stadio così hai sbagliato mestiere” conclude.