Ex dirigente dell’era Volpi, il bresciano Giuseppe Spalenza ha vissuto gli anni della rinascita dello Spezia, dal triplete della Serie C alla risalita verso i palcoscenici che contano. L’ex AD aquilotto è rimasto a vivere nel Golfo e segue ancora le dinamiche della squadra di Thiago Motta, in lotta per la salvezza. La nostra redazione lo ha intervistato in esclusiva per un’analisi a tuttotondo sul club.
Direttore, lo Spezia sta cominciando un rush finale importante. Anche grazie ai suoi tifosi la salvezza è possibile?
“Sono contento, penso che per la città e per tutta la squadra sia importante mantenere la categoria. Basti vedere quanta gente è legata al club e questo non può che fare bene a tutti. La partita con il Venezia è fondamentale, perché con una vittoria sarà più o meno fatta. Penso che bastino 34 punti per essere tranquilli: le avversarie dirette hanno anche degli scontri diretti e non hanno partite facili. Genoa e Salernitana secondo me non hanno speranze, per la terza posizione se la giocano Cagliari e Venezia. La Sampdoria non la conto, ha i giocatori per venirne fuori. Poi ovviamente le partite bisogna giocarle, ma lo Spezia ha dimostrato di saper fare punti: il campionato ha un livello mediocre, ma non è certo colpa della squadra di Motta”.
Il club sta convivendo con il blocco del mercato. Da addetto ai lavori che mosse si aspetta dalla dirigenza? Il fatto che le sanzioni si riferiscano alla proprietà Volpi potrà davvero avere voce in capitolo?
“Innanzitutto blindare i giocatori chiave della squadra con i rinnovi: Verde e Gyasi hanno già firmato, quindi Provedel e gli altri in primis, con anche qualche rientro dai prestiti. E poi bisogna cercare di spingere più in là possibile il verdetto di Losanna, così da avere la sospensiva sulla sanzione e poter fare mercato in estate. Penso che il club abbia le carte per riuscirci, ma finora non è stato molto fortunato. Vecchia proprietà? A Losanna non credo conti molto: quando si compra un club e si fa la due diligence si suppone che certe cose si sappiano. Secondo me si poteva gestire tutto in maniera diversa: io ero a conoscenza della situazione ed ero contrario, anche perché era ipotizzabile che prima o poi venisse fuori una problematica del genere.
Ho avuto a che fare con l’arbitrato per la Pro Recco e un caso di doping, ma il margine per trattare era ben poco: i giudici presero la decisione sulla base di pochi fogli e fine dei giochi. Secondo me bisogna capire prima come muoversi: se sarà confermata la sanzione per quattro sessioni diventerà veramente un problema”.
Sono in ballo anche i riscatti di Agudelo e Manaj. Lei li farebbe?
“Sono due buoni giocatori, soprattutto Agudelo. A me piace molto, è uno che spacca la partita, non si lamenta mai, lavora bene. Manaj non mi entusiasma allo stesso modo: ha fatto qualche gol ma allo Spezia serve qualcuno più efficace sotto porta. Se fosse per me cercherei di capire come va a finire l’arbitrato e poi farei delle decisioni. Se verrà confermato il blocco va da sé che sia necessario tenerli”.
E Nzola? Come si spiega l’involuzione dell’attaccante rispetto alla scorsa stagione?
“È un ragazzo che ha un carattere particolare, è indubbio che il suo rendimento sia calato e non si può nascondere. Due anni fa e l’anno scorso ha trascinato la squadra, in questa stagione è sotto le aspettative. È uno dei giocatori che in generale non mi entusiasma: il fatto che sia stato messo un po’ ai margini è un dato ulteriore. Probabilmente lo Spezia si sta abituando a fare a meno di lui”.
Da Italiano a Motta sono cambiate diverse cose: che sensazioni ha sul primo anno dell’italo-brasiliano?
“Sicuramente sono due allenatori diversi: l’uno sanguigno e l’altro pragmatico. Motta non aveva un compito facile: ha saputo dare un gioco e ha avuto la ‘fortuna’ di vincere a Napoli quando era quasi esonerato e da lì è risorto. Se c’è coesione con la società è un allenatore che può stare allo Spezia, così come ci poteva stare Italiano. Poi a Spezia siamo abbastanza bravi a contestare sempre (ride n.d.r.). Mancano poche partite, mi pare che Motta sappia gestire bene la pressione e che la squadra abbia fatto quadrato intorno a lui. A parte la sconfitta con il Sassuolo la prestazione c’è sempre stata, al di là dei pochi gol segnati. Questo è ciò che conforta”.
Secondo lei lo Spezia è stato un po’ penalizzato dagli arbitri in stagione?
“Alla fine penso che i 29 punti siano quelli meritati. Il rigore di Cagliari alla prima giornata, ma anche l’episodio con il Milan testimoniano che la categoria arbitrale italiana è piuttosto mediocre. Per non parlare del rigore non assegnato al Torino contro l’Inter, emblematico. A parte Orsato purtroppo i nostri fischietti hanno poca personalità e anche con il VAR ci sono situazioni spesso incomprensibili, ma questo è un discorso molto ampio”.
Che cosa pensa della nuova proprietà americana? C’è il progetto stadio, poi la questione centro sportivo…
“A me pare che siano sulla strada giusta. Hanno messo un loro uomo qui e direi che siano più presenti anche rispetto a Volpi (ride n.d.r.). Io non voglio prendermi i meriti, ma se c’è il Training Center Ferdeghini è molto merito mio. Nessuno ci credeva, invece è venuto fuori un grande progetto. Non ho capito perché anche quello non è stato acquistato dalla società, ma si continui a pagare un affitto. Mi auguro che in futuro anche quello possa diventare di proprietà Platek, perché oltre ai diritti TV anche le strutture portano introiti importanti. Follo? Onestamente oggi trovare un terreno su cui edificare un nuovo centro sportivo è complicato: quando venne fuori il discorso Ferdeghini ci siamo buttati subito nel progetto. Spendevamo tantissimo nell’affitto dei vari campi in giro, così abbiamo cominciato a costruire qualcosa di importante per il futuro”.
E lei? Continua a seguire da vicino lo Spezia?
“Assolutamente sì, anche se ho un po’ un peso sullo stomaco se penso che questa città avrebbe potuto godersi da prima un sogno come la Serie A. Mi dispiace, perché se avessimo da subito portato avanti il progetto iniziale ci saremmo arrivati prima. Lo abbiamo fatto lo stesso ma con molto ritardo. Io ci credevo: dopo l’anno del Triplete si poteva pensare a un salto immediato senza sprecare molti soldi che invece sono stati sperperati”.
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