Quella sera di dieci anni fa ci volle forza per scriverla la notizia, che aveva lasciato tutti attoniti. Paolino Ponzo, nato l’11 marzo 1972 a Cairo Montenotte, era scomparso prematuramente il 24 marzo 2013, all’età di 41 anni, all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, a causa di un malore avuto durante una corsa podistica, la Maremontana. Lo avevano ritrovato sulle alture di Balestrino, sfinito. Come scrive Il Secolo XIX, la perizia del medico legale Benedicta Astengo, che contiene ancora oggi i risultati dell’esame sui tessuti cardiaci dell’ex calciatore, parla di arresto cardiaco irreversibile arrivato dopo il malessere che lo aveva colpito e per le avverse situazioni climatiche in cui era rimasto per ore, dopo essersi sentito male. Assideramento. Tre giovani figli, Giordi, Gioele e Giovanni, e la moglie Michela, lo piangono ancora oggi. Ma non sono i soli.
Nel cuore di tanti tifosi
Ha scritto pagine importanti da calciatore professionista con la maglia di Spezia, Modena e Reggiana, e infine nel Savona, entrando nel cuore dei tifosi di tutti questi club. Tifoserie rivali nella tribù del calcio, che lui però ha unito nel giorno del suo addio, abbracciate come mai era successo. A Modena, allo stadio Braglia, gli hanno dedicato la tribuna. Ha lascia un grande vuoto e tantissimi amici, che affollarono Bardineto, e la chiesa del paese, il giorno del suo addio. Prima che partisse per lo stadio dei Sogni, dove anche i mediani come lui sono eterni. Un giorno, un suo allenatore Gianni De Biasi disse di non scrivere “Paolino Ponzo” sui giornali, ma “Paoloponzo” tutto attaccato, perché è uno che merita di non dividere neppure nome e cognome, tanto è altruista. È entrato nell’immaginario collettivo dei tifosi aquilotti giocando solo 55 partite di campionato, ma non è un caso che il gol forse più importante della storia aquilotta sia nato da lui, da quel passaggio dopo due minuti a Guidetti in Spezia-Genoa del 6 aprile 2006. Le presenze salgono a 60 se si considera anche al coppa Italia. Non ha mai segnato un gol, ma anche questo era scritto negli astri del cielo calcistico.
Le sue dichiarazioni
Ponzo quando parlava di se, era schivo riservato, unico: «Mi piacerebbe trasmettere quello che provo giocando a pallone – aveva raccontato e scritto in alcuni testi inediti custoditi dalla moglie Michela, che ha anche alcune poesie di Paolo -. Ma ogni parola sarebbe superflua. Quando sono lontano dalla città e magari su qualche altura, provo a respirare profondamente per farmi cullare dalla natura e per dimenticare per qualche ora la vita di ogni giorno». Ponzo ha amato il linguaggio dei sentimenti e per questo si è fatto apprezzare: «Penso di debba essere sempre predisposti a crescere ed amare ogni cosa, non sprecare nulla nella vita; ad imparare e a fare nuove esperienze. Conoscere e credere, ed amare ogni cosa, dalla più importante che deve essere la famiglia, a quella più stupida». A dieci anni di distanza parole profetiche e piene di cuore, e lui ne aveva uno grande, perché la sua è solo una storia di cuore. Ha scherzato fino all’ultimo anche sulla sua storia: «Nel mio paese per la strada non c’é quasi mai nessuno, se non in occasioni di un matrimonio o di un funerale». Il suo riempì due paesi.