Non è un’estate delle più calme in casa Spezia. E fin qui ci si poteva immaginare: retrocedere con uno spareggio (che oltretutto avrà modalità differenti dalla prossima stagione), dopo tre anni di Serie A è un dolore grande per una città che vive di pallone. Al di là della categoria, i tifosi e tutto il mondo aquilotto adesso hanno bisogno di serenità e rilancio, perché quando si assaggia la massima categoria è poi dura lasciarla. Alvini è arrivato e la stagione sta ufficialmente partendo, ma il tecnico ha già sottolineato una questione importante: piazza e squadra devono rimanere uniti, empatici, con la testa verso lo stesso obiettivo chiaro di tornare in Serie A. Nel torneo cadetto è questo che può fare la differenza. E uno che la conosce bene non poteva che sottolinearlo.
A muso duro
Di sicuro – e per certi versi non potrebbe essere altrimenti – ogni parola, decisione, idea della proprietà Platek è oggi vista con diffidenza e dubbio da una tifoseria che ha un amore viscerale per la sua squadra, in alcuni casi anche con una certa esasperazione. L’ultimo casus belli a tenere banco è stato quello relativo al logo proposto dal club poche ore fa, che ha creato proteste vibranti da parte della maggioranza dei tifosi e delle personalità spezzine. Siamo sinceri: anche a noi la scelta stilistica e grafica, oltre che la rappresentazione del nuovo stemma non piace, ma tant’è. Sicuramente, come accaduto per lo stadio, una sorta di referendum popolare avrebbe evitato accostamenti (sgradevoli) con periodi storici nefasti o commenti davvero poco gratificanti. Se proprio vogliamo imputare qualcosa al club di Via Melara, è stata forse la tempistica con cui si è deciso di effettuare il rebranding: in un momento delicato come quello post retrocessione, un logo così “innovativo” presentava un rischio di una bomba a orologeria. Ma è altrettanto vero che certe cose non si programmano in una settimana e la sensazione è che con uno Spezia ancora in Serie A forse tutto il tema avrebbe fatto meno rumore. Solo una “tragica” coincidenza, quindi? Probabile.
Palla al centro
La miglior medicina è guardare avanti. Sarà presto il campo a parlare, con la speranza che già dai primi test si riveda una squadra competitiva, vogliosa e determinata a provare la scalata verso l’agognato ritorno fra i grandi. La palla passerà ora al mercato, alle nuove maglie (magari con una bella rivincita da parte del club), con la consapevolezza che qualche polemica si troverà sempre e comunque il modo di tirarla fuori, non solo a Spezia. In ogni caso, questo è bene chiarirlo, il logo piuttosto che la nuova tribuna non scendono in campo e bisogna prendere atto che ormai da anni il calcio romantico non esiste più. Le squadre di calcio sono aziende e come tali puntano a logiche di marketing e di guadagno, condivisibili o meno. E lo Spezia, in questo senso, non sarà la prima né l’ultima società criticata: Juventus, Inter, Palermo, Modena, Catania, Trapani, solo per citarne alcuni, hanno avuto lo stesso trattamento. Resta il campo, quello sì: lì vanno uomini in carne ed ossa, con emozioni, passioni e timori dentro a un rettangolo verde. E allora si torna alla considerazione iniziale: Macia, Melissano e la dirigenza avranno il vero compito dell’estate, ovvero far dimenticare in un colpo solo queste settimane fin troppo bollenti.
Macia e Melissano….oddio…. Mi tocco….
Non sono d’accordo con questo articolo è giusto manifestare la propria enorme delusione per la retrocessione,io scelgo di non sostenere né la squadra né la città in quanto mi sento tradito da entrambe e civilmente non guarderò né in TV né al campo lo spezia né scriverò più nulla saluti
No se fanno veramente una squadra di serie A dimenticato il.logo neonazi bisogna vincere vincere vincere per tutto quello che abbiamo dovuto ingoiare ma i loghi i calciatori i presidenti cambiamo la passione per lo spezia mai aspettiamo a fare casino dalla campagna acquisti e da i.primi 10 12 risultati ora solo spezia il.logo pensò che lo cambiano